A volte ci chiediamo dove siano nate alcune parole o definizioni.

 

Nei Paesi latini, dall ‘Italia alla Spagna o in Sud America, una parola è comunemente utilizzata per definire le persone che credono che gli animali di altre specie hanno diritti, e che si impegnano a fare qualcosa per vedere quei diritti riconosciuti nella società e dalle leggi. Quella parola è ‘animalista’ in italiano, spagnolo e portoghese; ‘animaliste’ in francese.

 

Nella metà degli anni ’80, nei dizionari italiani ‘animalista’ veniva ancora definito come un miniaturista medievale, mentre a coloro che avevano letto George Orwell il termine poteva ricordare quello utilizzato come metafora dello stalinismo nella Fattoria degli Animali. Nonostante ció, alla fine degli anni ’70 il nuovo significato di questa parola aveva già iniziato a essere presente nei media, nella lingua parlata e – soprattutto – nella coscienza di molte persone. Cosa era successo?

 

 

Alberto Pontillo - da 'Tuttifrutti' novembre 1987

Alberto Pontillo - da 'Tuttifrutti' novembre 1987

Dal 1930, gli italiani che si opponevano agli esperimenti sugli animali per motivi etici o scientifici, si erano riuniti nell’Unione Antivivisezionista Italiana (UAI). Quando, nella metà degli anni ’70, Hans Ruesch pubblicó Imperatrice Nuda e I Falsari della Scienza, alcune sezioni dell’UAI si distaccarono, criticando la mancanza di efficacia dell’organizzazione. Una di queste sezioni era quella romana, allora guidata dall’architetto Alberto Pontillo.

 

Nel 1977, cinque persone guidate da Pontillo si riunirono davanti a un notaio per dare alla luce la Lega Anti Vivisezione (LAV). Inizialmente impegnata solo contro la vivisezione – o sperimentazione animale, secondo il termine più morbido usato comunemente usato per definire esattamente lo stesso crimine legalizzato – la LAV presto estese il suo campo di azione a tutte le forme di abuso sugli animali, dalla caccia al commercio di pellicce, dai laboratori ai macelli. E’ in questo periodo che Pontillo inizió a utilizzare la parola’ animalista ‘ in discorsi e scritti. Questa divenne rapidamente il sinonimo di attivista o sostenitore dei diritti degli animali. Oggi il termine è usato in maniera più ampia da molti amanti degli animali ma in origine implicava l’adozione di impegni precisi, tra i quali la scelta vegetariana o vegana.

 

Pochi giorni fa, i social media hanno diffuso la notizia della morte di Alberto Pontillo, a 87 anni.

 

Probabilmente ho incontrato Alberto per la prima volta nel 1980, quando da adolescente entrai nella LAV, che rimase una parte fondamentale della mia vita per oltre 25 anni. Dopo pochi mesi, eravamo insieme su un treno per Losanna, parte di un gruppo più ampio di persone che andavano in Svizzera per partecipare a una manifestazione internazionale contro la vivisezione, nella quale ebbi anche l’opportunità di incontrare per la prima volta Hans Ruesch.

 

Dopo l’adesione come socio giovanile, iniziai subito a essere attivo nella mia zona, diventando  presto il rappresentante locale dell’organizzazione. Con alcuni amici aprii poi una sede locale vera e propria, divenendo poi nel tempo parte  del direttivo nazionale, un impiegato dell’associazione per 6 anni e coordinando fra l’altro i rapporti internazionali, la raccolta fondi e varie campagne come quelle contro i test cosmetici sugli animali e per l’abolizione delle gabbie di batteria per le galline ovaiole. Gradualmente arrivai ad assumere i ruoli principali nell’organizzazione, fino a quando ne uscii nel 2006. Questa non é la sintesi del mio lavoro in questa ONG ma un riassunto molto essenziale di quanto l’incontro con la LAV di Alberto Pontillo abbia formato il mio carattere e contribuito a definire ció che continuo a essere.

 

Mi vergogno solo un po’ nell’ammettere che l’ultima volta che ho parlato con Alberto é stato 13 anni fa, nella primavera del 2002.

 

Alberto aveva lasciato l’organizzazione alcuni anni prima, dopo un congresso annuale molto teso e una totale contrapposizione con il resto del consiglio direttivo dell’organizzazione, me incluso.
Era stato il segretario generale della LAV fin dall’inizio, e la sede nazionale era in parte del suo ampio appartamento in via dei Portoghesi, vicino a Piazza Navona, nel cuore di Roma. Il piano superiore era traboccante di libri, pubblicazioni, ritagli di giornali, e serviva anche come sala riunioni.

 

Punti di vista contrastanti erano gradualmente emersi tra Alberto e il resto del consiglio direttivo, in gran parte formato da attivisti molto più giovani. Tensioni erano sorte, tra altre cose, sulla presentazione della rivista (in bianco e nero o a colori), il linguaggio da utilizzare nella nostra comunicazione e le modalitá di coinvolgimento in politica. Il congresso annuale di Pescara fu l’occasione in cui molte differenze emersero e si moltiplicarono. Senza entrare troppo nei dettagli, ció condusse a riunioni di emergenza delle sedi locali e al reperimento di un ufficio temporaneo per la LAV, prima che si potesse ristabilire permanentemente altrove. Purtroppo, le ferite di quel periodo non sono mai guarite a sufficienza per tornare almeno a comunicare.

 

Dopo la separazione dalla LAV, Alberto fondó Unione Animalista e tutti i contatti con la LAV furono recisi. Sulla rivista della sua nuova organizzazione pubblicó numerosi articoli critici verso coloro – fra cui il sottoscritto – con cui erano avvenute queste aspre dispute. Come a volte accade, condividevamo le stesse idee ma non eravamo capaci di parlarci.

 

Nella primavera del 2002 stavo scrivendo l’editoriale per la rivista della LAV, in occasione del 25 ° anniversario dell’organizzazione, e sentii la necessità di inserire alcune righe per ringraziare Alberto per quello che aveva fatto, fondando la LAV e guidandola per 15 anni , e per essere stato un pioniere fondamentale dei diritti degli animali in Italia.

Tuttavia, ero consapevole della profonditá delle nostre tensioni, e temevo che, nonostante fossero totalmente sincere quelle righe avrebbero potuto non essere gradite da Pontillo. Decisi quindi di prendere il telefono e chiamarlo, dopo anni di silenzio, per comunicargli quello che stavo scrivendo e ringraziarlo anche in un modo più personale. Fu per lo più una conversazione a senso unico, in cui suggerii anche di incontrarci per un caffè, cosa che per qualche ragione non è mai avvenuta.

 

E’ passato molto tempo ma questa settimana sono particolarmente lieto di aver fatto comunque quella telefonata e che quelle poche righe nella rivista LAV abbiano riconosciuto ad Alberto almeno una parte del credito che meritava. Se questo gli sia stato gradito o lo abbia infastidito, non l’ho mai saputo.
Continuo a pensare che nelle nostre dispute finali avesse torto, mentre probabilmente lui ancora ha pensato l’opposto fino alla fine, ma dopo tutti questi anni la questione è irrilevante. Molte cose sono successe da allora. Nel 2006 anch’io ho lasciato LAV e lo stesso é accaduto con altri che precedentemente erano stati membri del consiglio direttivo o responsabili di campagne nazionali.

 

Quindi, perché sento ancora il bisogno di scrivere questo articolo? La comunicazione con Alberto Pontillo non é mai stata ristabilita ma ciò che è rimasto in me – e in molti altri, che se ne rendano conto o meno – è una lunga lista di cose per cui gli sono grato. Elencheró le poche che mi vengono in mente in questo momento.

 

La LAV di Pontillo fu il luogo in cui il mio essere animalista ha trovato forma concreta ed efficace. Nessun’altra organizzazione e nessun altro leader avrebbero potuto offrire un tale ambiente cosí determinato e senza compromessi, ma allo stesso tempo costruttivo e orientato al risultato, per trasformare i miei sentimenti in azioni concrete a sostegno degli animali abusati in qualsiasi modo e in qualsiasi luogo. Molti dei semi che Alberto ha posto nelle mie mani e nella mia mente sono tra i principali ingredienti della mia azione ancora oggi.
Unirmi a un’organizzazione di persone con idee simili alle mie sicuramente mi aiutó a diventare vegetariano nel 1983, in un Paese come l’Italia in cui tale scelta era ancora piuttosto inusuale per l’epoca.

 

Quando l’Animal Liberation Front inizió le sue attività, le azioni clandestine avrebbero potuto essere piuttosto attraenti per alcuni di noi, come modo per accelerare la liberazione di tutti gli animali dalla schiavitù.
Pontillo prontamente scrisse un editoriale ancora valido oggi, ‘E allora noi chi siamo?’, in cui evidenzió invece l’importanza delle attività alla luce del giorno, al fine di generare risultati duraturi e un cambio di mentalità nell’opinione pubblica. Ci mise in guardia contro alcuni dei rischi insiti nelle azioni dell’ALF, come alienazione dell’opinione pubblica, l’eventuale sfruttamento politico di tali azioni per giustificare gli abusi sugli animali e la possibile deriva verso la violenza contro cose o persone. Questa posizione pubblica – che si dimostró esatta nei Paesi in cui l’ALF è stato più attivo – impedí lo sviluppo di azioni clandestine in Italia, dove sono rimaste un fenomeno molto marginale. Questo ha contribuito ad attirare ampie parti della popolazione a sostegno delle campagne per i diritti degli animali e a raggiungere risultati storici. Fra altre cose, nei primi anni ’90 l’Italia divenne il primo Paese al mondo a legalizzare l’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, sia per studenti che per professionisti.

 

 

Il primo adesivo LAV

Il primo adesivo LAV

Svolgemmo comunque alcune azioni di disobbedienza civile, di solito di fronte ai media e talvolta chiamando noi stessi la polizia, con le modalitá nonviolente adottate da Gandhi e altri prima di noi, per denunciare il commercio di pellicce e di altre forme di maltrattamento degli animali.

 

Già negli anni ’70 potemmo utilizzare il sostegno dei primi parlamentari apertamente solidali quali Filippo Fiandrotti, Adele Faccio e Gianni Tamino, come primo passo per costruire maggioranze nel Parlamento italiano. Fummo tra i promotori del referendum nazionale contro la caccia. Forti nel carattere piuttosto che in termini di risorse finanziarie, raccogliemmo il maggior numero di firme tra tutte le ONG, comprese quelle ambientaliste che erano infinitamente più grandi e più ricche di noi.

 

Lo spazio nei media sui diritti degli animali era ancora molto limitato ma la presenza di un minor numero di canali televisivi rese le rare apparizioni televisive della LAV, in particolare nei ‘Programmi dell’Accesso ‘, efficaci per aumentare la base di sostenitori.
Non che Pontillo apprezzasse particolarmente la sua esposizione mediatica o le apparizioni in pubblico. La foto che appare in questo articolo è una delle rare che si possono trovare di Alberto. Fu usata come illustrazione in un lungo articolo pubblicato dalla rivista musicale Tuttifrutti nel 1987. Diedero otto pagine di spazio al lavoro della LAV, quindi valeva la pena di inviare una foto! Nelle sue mani é visibile il pezzo di sigaro senza il quale credo che nessuno lo abbia mai visto.

 

Ogni giorno, via dei Portoghesi era piena di attività di ogni tipo: preparazione di volantini, articoli o comunicati stampa poi portati a mano alle sedi dei quotidiani; organizzazione di manifestazioni; preparazione di proposte di legge; fotocopiatura delle liste di soci, per poi trascorrere intere serate in gruppo con tubetti di colla nelle mani per attaccare l’etichetta dell’indirizzo su ogni rivista LAV (allora ‘Liberiamo La Cavia’), legare le riviste a gruppi secondo il CAP e portarle all’ufficio postale accatastate su carrelli.

 

C’era una montagna di lavoro (eravamo tutti volontari, non avremmo potuto permetterci di pagare una sola persona) ma era anche divertente. Semplicemente, credevamo che un mondo migliore per tutti gli animali fosse possibile, quindi abbiamo fatto l’unica cosa che abbia senso: rimboccarci le maniche e farlo accadere.

 

Quei giorni e quelle serate; la notte trascorsa insieme in una stazione di polizia con un’altra decina di amici, in attesa che i nostri documenti venissero verificati dopo essere stati fermati per avere interrotto con striscioni e volantini una sfilata di pellicce; gli innumerevoli tavoli in piazza per raccogliere firme e fondi; la cena in cima alla torre di via dei Portoghesi per festeggiare la raccolta delle firme del referendum; l’immancabile mezzo sigaro; le scatole da scarpe che contenevano una scheda per ogni sostenitore (con qualcosa di poco lusinghiero scritto da Alberto sulla mia!); il suono della vecchia macchina da scrivere; i litigi sul secondo colore della rivista; ma soprattutto la nostra volontà comune di investire le nostre vite per migliorare quelle degli animali maltrattati, sono sia un caleidoscopio di ricordi del passato, che carburante per le azioni future.

 

La nostra ultima conversazione fu tredici anni fa ma in realtà il nostro lavoro comune non è mai terminato perché, nonostante tutto, senza Alberto Pontillo la maggior parte del mio lavoro per gli animali in giro per il mondo – che si definisca diritti, benessere o protezione, basta che lo lo si faccia! – non avrebbe mai visto la luce. So che questi sentimenti sono condivisi da molti altri che hanno incontrato Alberto.

 

Il suo merito principale sarà difficile da definire, perché il numero di animali che Alberto ha aiutato e salvato non può essere contato, in quanto aumenta di giorno in giorno, attraverso i semi che ha piantato e che continuano a crescere e dare frutto.

 

 

 

 

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